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Martedì, Aprile 29, 2025

Mentre il rinnovo del CCNL della Mobilità – area contrattuale Attività Ferroviarie rappresenta oggi il fulcro del dibattito tra le lavoratrici e i lavoratori del settore, riteniamo necessario richiamare l’attenzione anche su quegli accordi già sottoscritti che, pur potenzialmente destinati a confluire nel nuovo contratto, scontano ancora oggi ritardi e lacune nella loro applicazione.

In particolare, parliamo dell’accordo siglato il 10 gennaio 2024 tra le Segreterie Nazionali e RFI sulla riorganizzazione del settore Manutenzione Infrastrutture. Un accordo complesso, frutto di quasi tre anni di confronto serrato, che ha cercato di rispondere alla richiesta aziendale di garantire un presidio manutentivo sulle 24 ore, 7 giorni su 7. Le organizzazioni sindacali si sono impegnate a trovare un equilibrio tra le esigenze operative dell’impresa e il diritto alla conciliazione tra vita privata e lavoro dei tecnici, ponendo le basi anche per percorsi di crescita professionale e compensazioni economiche.

Tuttavia, ciò che è stato costruito con fatica a livello nazionale rischia di naufragare per l’assenza di un’applicazione coerente nei territori. La prima fase di implementazione ha subito pesanti distorsioni interpretative che hanno impedito alle trattative locali di declinare l’accordo secondo le specificità regionali e le esigenze operative reali, sia in termini quantitativi, sia qualitativi di personale.

È su questo terreno che si gioca la vera partita della contrattazione: ciò che si sottoscrive deve poter essere esigibile, verificabile e sostenibile. Senza una solida base di applicazione territoriale, qualsiasi modello innovativo è destinato a restare lettera morta.

Tornando al tema del rinnovo contrattuale, è evidente che quanto previsto dall’accordo del 10 gennaio debba essere integrato nella disciplina contrattuale sull’orario di lavoro. Ma attenzione, tale passaggio può risultare prematuro se prima non si interviene per correggere le storture già emerse, come l’organizzazione di turni che prevedono il riposo settimanale programmato all’ottavo giorno, in aperta contraddizione con i principi di tutela del benessere lavorativo.

Serve una volontà chiara: riportare la contrattazione sullo sviluppo delle articolazioni orarie nei territori, rendendola uno strumento efficace per garantire diritti, equilibrio e qualità del lavoro.

Perché senza una base solida e condivisa, le “altezze” auspicate dal contratto rischiano di crollare su fondamenta troppo fragili.