Scrivo questo editoriale mentre sono ancora in riunione, con i testi contrattuali che si modificano di ora in ora e i telefoni che non smettono di vibrare. È un confronto che dura da giorni, scandito da notti insonni e da pause brevissime, come quella domenicale che ha solo temporaneamente interrotto il dialogo. Quando queste parole saranno lette, alcune questioni potrebbero essere già superate dai fatti ma resta il bisogno di trasmettere, con onestà, il clima reale che si respira: le difficoltà, le rigidità, ma anche la ferma determinazione che anima la delegazione FAST-Confsal.
Il contratto della Mobilità – area Attività Ferroviarie attende un rinnovo da diciotto mesi. Dopo settimane di confronto, il tavolo negoziale si è infiammato: le trattative si susseguono a oltranza, i testi vengono riscritti fino a tarda notte, i margini di manovra si assottigliano. L’obiettivo – chiudere lunedì – è concreto ma la nostra posizione è chiara: si firma se le condizioni saranno adeguate. Non si tratta di chiudere a tutti i costi.
Il clima resta costruttivo ma tutt’altro che semplice. Le rigidità della parte datoriale rendono ancora difficile individuare un punto di sintesi. La volontà delle organizzazioni sindacali di arrivare alla firma è concreta, ma non può prescindere dal rispetto delle condizioni di sostenibilità e dignità per chi lavora. Non stiamo cercando simboli, ma contenuti. Perché il personale, soprattutto quello operativo, ha tenuto duro in questi anni complicati e ora chiede – con ragione – risposte credibili e miglioramenti tangibili.
Sul fronte economico, al momento siamo ancora tra annunci, tabelle ipotetiche e dichiarazioni informali. Gli aumenti tabellari non sono stati ufficializzati e molte delle cifre circolate in rete sono semplici illazioni, se non vere e proprie fake news. Il confronto sulle indennità accessorie è ancora aperto, con discussioni serrate. Ma è chiaro a tutti che per chi lavora su turni, in reperibilità o sulle merci, quelle voci non rappresentano un extra: sono parte sostanziale del reddito. Su questo terreno si gioca una partita decisiva che riguarda tanto i numeri, quanto il riconoscimento professionale.
Altrettanto centrale è la questione delle norme tecniche e dell’organizzazione del lavoro. Le regole su turnazioni, limiti orari, riposi, ferie estive e fine-settimana devono garantire un equilibrio reale tra vita privata e responsabilità professionale. Il ciclo 4+2, per esempio, non può restare un principio astratto: va reso esigibile in ogni realtà, con meccanismi chiari e vincolanti. Trasparenza nei turni, rispetto dei tempi di riposo, certezza negli orari: questi sono i pilastri di un lavoro dignitoso. A questo si collega anche il delicato tema del rapporto tra flessibilità produttiva e benessere dei lavoratori: il primo non può essere perseguito a discapito del secondo. Servono equilibrio, responsabilità e visione.
Non possiamo però tacere alcune contraddizioni emerse anche all’interno del fronte sindacale. In una fase così delicata è utile lasciare traccia del rischio che alcune priorità, disorganiche e talvolta frutto di iniziative fantasiose, abbiano trovato spazio nel dibattito. In alcuni casi, spinte normative introdotte per assecondare interessi di nicchia hanno finito per impattare settori interi – come nel caso del conteggio delle ferie – rischiando di compromettere la coerenza complessiva dell’impianto contrattuale. È un monito, più che un’accusa: in trattative di questa portata, serve tenere salda la bussola degli interessi generali.
Restano sul tavolo anche i grandi temi trasversali: abilitazioni, formazione, mobilità professionale. È probabile che non tutto trovi spazio in questo rinnovo ma non possiamo permettere che qualcosa finisca ai margini. Il contratto collettivo non è una sommatoria di articoli, è la cornice dentro cui si muove la vita lavorativa di migliaia di persone. Per questo, l’impegno dovrà proseguire subito dopo la firma, affinché le nuove regole siano applicate con coerenza e non lasciate alla libera interpretazione aziendale. Ed è tempo di rimettere in discussione anche la cadenza stessa dei rinnovi contrattuali: in Italia non possiamo più permetterci stagioni intere di vuoto, con anni di vacanza contrattuale che svuotano di senso il lavoro e il salario.
Ogni parola in queste ore pesa. Ogni frase scritta può fare la differenza. Ma se c’è una certezza, è che FAST-Confsal è al tavolo con coerenza e responsabilità, senza posture ideologiche ma con la volontà di chiudere bene.
Perché non basta firmare: bisogna firmare un buon contratto. E noi ci saremo solo se sarà giusto. Per tutti.