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Mercoledì, Giugno 4, 2025

Se il lavoro ti stressa, il datore ne risponde: anche senza mobbing scatta la responsabilità

Ti svegli ogni mattina con il fiato corto all'idea di andare in ufficio? Non sei solo, e soprattutto hai diritti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10730 del 23 aprile 2025) ha stabilito che, anche in mancanza di mobbing, un ambiente di lavoro nocivo per la salute del dipendente implica la responsabilità giuridica del datore di lavoro. Questo può portare a condanne.

Il caso emblematico: responsabilità accertata

La questione ha preso avvio da una lavoratrice che ha citato un ente pubblico per un clima lavorativo opprimente, caratterizzato da carichi eccessivi, assenza di formazione e mancanza di supporto. La Corte d’Appello aveva inizialmente negato il risarcimento per mobbing, sostenendo l'assenza di un intento persecutorio. Ma la Cassazione ha ribaltato questa decisione, affermando che non serve dimostrare un disegno punitivo: è sufficiente provare che il contesto lavorativo ha causato un danno alla salute e che il datore non ha fatto nulla per evitarlo.

Articolo 2087 c.c.: obbligo di tutela

L'articolo 2087 del Codice Civile obbliga il datore di lavoro a garantire misure necessarie per tutelare non solo l'integrità fisica, ma anche il benessere psicologico dei dipendenti. Non basta eliminare pericoli evidenti (come macchinari difettosi); è essenziale occuparsi anche dello stress e del disagio emotivo. Se il datore non interviene, ne sarà responsabile in sede legale.

Non serve dimostrare mobbing

Questa ordinanza è fondamentale perché riconosce che la responsabilità del datore non dipende da un atteggiamento persecutorio. La vita lavorativa quotidiana presenta spesso situazioni difficili: carichi di lavoro ingenti, pressioni perchè raggiungere scadenze, e turni massacranti sono comuni. Non sempre c’è un “carnefice”, ma il danno alla salute esiste comunque. Il datore deve prendersi la responsabilità di prevenire queste problematiche.

Onere della prova

Il lavoratore ha la responsabilità di dimostrare il danno alla salute e il legame con l'ambiente di lavoro. Ciò può avvenire tramite perizie mediche e testimonianze. Tuttavia, è onere dell’azienda dimostrare di aver adottato tutte le misure preventive necessarie, come la formazione e la valutazione dei rischi. La responsabilità è dunque condivisa.

Stress lavoro-correlato: segnali da non ignorare

Molti lavoratori non riconoscono la gravità della situazione. Alcuni segnali da monitorare includono:

  • Ansia costante, insonnia e mal di testa
  • Sensazione di inadeguatezza senza apparenti motivi
  • Attacchi di panico e crisi depressive
  • Isolamento sociale o lavorativo
  • Calo della motivazione e delle performance

Se questi sintomi diventano quotidiani, è fondamentale fermarsi e chiedere aiuto.

Cosa può fare il lavoratore

Se ti riconosci in questa situazione, ecco alcuni passi da seguire:

  1. Documenta ogni aspetto del tuo lavoro (email, orari, ordini).
  2. Consulta un medico per ottenere una certificazione del danno subito.
  3. Rivolgiti a un avvocato specializzato o rivolgiti alle nostre strutture…. in diritto del lavoro.
  4. Richiedi un consulto con un medico del lavoro per evidenziare le carenze aziendali nella prevenzione.
  5. Segnala la situazione ai rappresentanti della sicurezza (RLS o RSPP).

Ruolo del datore di lavoro

La sentenza sottolinea un principio fondamentale: l'azienda non può trascurare la sofferenza dei propri dipendenti. Deve agire attivamente per prevenire situazioni di disagio. Non farlo non è solo un errore manageriale, ma una violazione di legge.

Conclusione: la dignità vale più di ogni profitto

Lavorare non dovrebbe significare soffrire. L’ordinanza 10730/2025 rappresenta un passo significativo verso un riconoscimento giuridico della dignità nel lavoro. Non è solo un problema individuale ma una responsabilità collettiva: il diritto del lavoro è stato creato per evitare che il bisogno di un salario diventi una condanna alla sofferenza. Agisci, informati: non sei solo e non sei senza protezioni.