La democrazia sindacale si misura nei fatti, non nei comunicati stampa. E nei fatti, il verbale sottoscritto in Prefettura il 30 luglio scorso racconta un’altra storia: FAST-Confsal ha portato al tavolo le ragioni dello stato di agitazione dei lavoratori degli Aeroporti di Roma ma si è trovata davanti un sistema chiuso e impermeabile al confronto. L’azienda ha ribadito di riconoscere solo quattro sigle – CGIL, CISL, UIL e UGL – escludendo qualsiasi interlocuzione con chi, come FAST-Confsal, rappresenta una parte significativa e crescente dei lavoratori dell’azienda.
Nessuna apertura, nessuna disponibilità al dialogo. Solo una struttura relazionale blindata che riduce la pluralità sindacale a un rituale formale e autoreferenziale. E così il CCNL – già duramente contestato per la distribuzione diseguale degli oneri e dei benefici – si conferma anche come strumento di esclusione istituzionale.
Ma ciò che rende ancor più opaco il quadro è l’assenza di elezioni democratiche per la rappresentanza dei lavoratori. In Aeroporti di Roma, da decenni, non si tengono elezioni per le RSU. I rappresentanti dei lavoratori sono designati come RSA direttamente dalle stesse sigle che sottoscrivono gli accordi. Nessun voto, nessuna investitura dal basso. Una prassi che contrasta apertamente con gli Accordi Interconfederali del 10 gennaio 2014 che individuano proprio nella RSU eletta la forma legittima e primaria della rappresentanza nei luoghi di lavoro.
Quest'assenza prolungata rischia di tradursi in un deficit strutturale di democrazia interna. In un’assemblea, alcuni rappresentanti sindacali confederali avrebbero affermato di "non essere ancora in grado di garantire le elezioni RSU". Se tale dichiarazione corrispondesse al vero, sarebbe legittimo domandarsi: cosa significa esattamente “non essere in grado”? E soprattutto: perché? Qualunque risposta non potrebbe che destare seria preoccupazione.
FAST-Confsal ha dichiarato l’esito negativo del tentativo di conciliazione, ma ha fatto molto di più: ha posto all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni il tema della rappresentanza reale, quella costruita attraverso il consenso e non per cooptazione.
Un contratto, per essere davvero equo, ha bisogno di voci plurali e di un confronto aperto. Il tempo dei tavoli riservati deve finire. Tutto dovrebbe cominciare da un gesto semplice ma fondamentale: l’indizione delle elezioni RSU in azienda. Perché senza voto, la rappresentanza perde legittimità. E senza legittimità, anche la pace sociale è solo una tregua apparente.