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Martedì, Ottobre 28, 2025

Con l’ordinanza n. 26607 del 2 ottobre 2025, la Corte di Cassazione civile torna a pronunciarsi su un tema delicato e di grande impatto per i rapporti di lavoro: la possibilità per il datore di lavoro di trattenere somme dalla retribuzione del dipendente a titolo di risarcimento per danni arrecati nello svolgimento dell’attività lavorativa. La Suprema Corte ha chiarito un principio fondamentale: se il contratto collettivo prevede una procedura disciplinare, il datore non può procedere autonomamente a trattenute stipendiali senza aver prima comminato una sanzione disciplinare.

Il caso all’origine dell’ordinanza vedeva coinvolto un lavoratore a cui erano state decurtate alcune somme dalla retribuzione mensile, in relazione a presunti danni patrimoniali arrecati all’azienda. L’impresa, senza avviare alcun procedimento disciplinare, aveva ritenuto sufficiente la constatazione del danno e ne aveva dedotto il valore direttamente dalla busta paga del dipendente.

Il lavoratore ha impugnato il provvedimento, sostenendo che il comportamento del datore di lavoro fosse lesivo dei propri diritti e in violazione del contratto collettivo applicato, che prevedeva un esplicito iter sanzionatorio per la gestione delle condotte dannose.

Accogliendo le sue ragioni, la Cassazione ha ribadito che il potere del datore di lavoro di infliggere sanzioni — comprese quelle economiche — deve essere esercitato nel rispetto delle garanzie previste dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970) e, laddove previsto, delle disposizioni del contratto collettivo di riferimento.

La trattenuta in busta paga per danni, in assenza di una formale contestazione disciplinare e senza che il lavoratore abbia avuto la possibilità di difendersi, è da considerarsi illegittima.

Questa pronuncia si inserisce in un solco giurisprudenziale ormai consolidato che mira a tutelare il lavoratore da abusi di potere datoriale, soprattutto quando si tratta della retribuzione, tutelata come diritto fondamentale. La Corte ha anche sottolineato come il rispetto delle procedure previste nei contratti collettivi non sia solo una formalità, ma una garanzia sostanziale di trasparenza e correttezza nei rapporti di lavoro.

Cosa cambia per i datori di lavoro?
L’ordinanza impone maggiore attenzione nella gestione dei danni imputati ai dipendenti. Se il contratto collettivo prevede la possibilità di sanzionare il dipendente per comportamenti dannosi, tale sanzione non può prescindere dalla regolare procedura disciplinare. In assenza di tale procedura, qualsiasi trattenuta può essere contestata e considerata nulla.

Cosa devono sapere i lavoratori?
È fondamentale conoscere i propri diritti e consultare il contratto collettivo applicato. In caso di trattenute sospette, è possibile agire in giudizio per ottenere la restituzione delle somme illegittimamente trattenute.

La sentenza n. 26607/2025 rafforza, dunque, l’equilibrio tra poteri datoriali e tutele del lavoratore, riaffermando un principio basilare: nessuna sanzione, neanche economica, può prescindere dal diritto alla difesa e dal rispetto delle regole.