La Commissione di Garanzia sullo sciopero nei servizi essenziali ha imposto il ritiro della mobilitazione prevista per il 23 febbraio nel settore ferroviario, accogliendo una segnalazione di Italo Spa. La decisione segue la controversa delibera 20/25 del 3 febbraio 2025, con cui la Commissione ha modificato unilateralmente le regole pattuite tra le organizzazioni sindacali e il Gruppo FSI sui servizi da garantire in caso di sciopero. FAST-Confsal, UGL Ferrovieri e OR.S.A. Ferrovie denunciano una compressione del diritto di sciopero e annunciano nuove iniziative.Oltre a sollevare la questione della rarefazione degli scioperi, Italo è intervenuta con un’interpretazione inusuale, classificando lo sciopero come “non politico” e, di conseguenza, non rientrante nelle tutele previste per questo tipo di agitazioni. In tal modo, la società si è arrogata un ruolo di giudizio, anziché limitarsi a quello di parte in causa. Un’interpretazione che i sindacati respingono con fermezza, sottolineando che la mobilitazione è stata proclamata in risposta a una serie di provvedimenti che limitano la libertà sindacale e il diritto di sciopero, pilastro delle relazioni industriali.“Definire ‘non politico’ uno sciopero che si oppone a decisioni che incidono direttamente sulle condizioni di lavoro e sulle regole del settore è una distorsione pericolosa. Se passa questo principio, ogni sciopero che contesta decisioni di natura istituzionale potrebbe essere invalidato arbitrariamente”, affermano le sigle sindacali.Il provvedimento della CGSSE impone un aumento dei servizi minimi garantiti per i treni a media e lunga percorrenza, portandoli dal 22% al 33%, sulla base di dati di affluenza forniti dal Gruppo FSI ma mai resi accessibili ai sindacati. Secondo le organizzazioni, l’innalzamento delle soglie consente alle aziende di ridurre drasticamente l’impatto degli scioperi, svuotandone l’efficacia. In parallelo, Italo – che da anni applica unilateralmente il 50% dei treni garantiti – è entrato nella querelle segnalando lo sciopero alla Commissione. La risposta della CGSSE è stata immediata e il 6 febbraio ha ordinato la revoca dello sciopero, richiamando le due delibere precedenti che vietano la sovrapposizione di scioperi con servizi minimi differenziati, oggetto di contestazione da parte del sindacato, alimentando lo scontro ignorando le richieste di confronto.“Avete consegnato il diritto di sciopero dei ferrovieri completamente nelle mani dei datori di lavoro, compromettendo i rapporti di forza nelle relazioni sindacali aziendali”, si legge nella dichiarazione inviata alla CGSSE. Di fronte a questa stretta, FAST-Confsal, UGL F. e OR.S.A. hanno confermato la volontà di riprogrammare lo sciopero in un’altra data, ribadendo che la battaglia per la libertà sindacale non si ferma.“Non possiamo accettare che il diritto di sciopero venga eroso con decisioni che favoriscono le imprese a scapito dei lavoratori”, affermano i sindacati; “è il momento di una risposta compatta per difendere un principio fondamentale, senza divisioni o cedimenti.”L’effetto delle nuove delibere potrebbe rivelarsi paradossale: anziché ridurre le giornate di sciopero, il divieto di concentrare le proteste in un’unica data obbligherebbe a frammentarle, aumentando il disagio per i passeggeri. Per i sindacati, il vero problema è l’uso strumentale delle norme: sembra che le aziende determinino i servizi minimi in base agli incassi attesi, anziché alle effettive esigenze di mobilità e alla ripresa del servizio dopo lo sciopero. Inoltre, questo principio è utilizzato come deterrente nei confronti dei lavoratori, scoraggiando le mobilitazioni.“Il diritto di sciopero non può essere sacrificato per esigenze economiche o di immagine”, sottolineano. La partita resta aperta e i prossimi mesi saranno decisivi per capire se la mobilitazione riuscirà a far valere le proprie ragioni.